Quarant’anni dal terremoto in Friuli, il racconto di Gian Beppe Gatti, coordinatore della squadra Croce Verde Torino intervenuta nei soccorsi

In occasione della ricorrenza del 40° anniversario dal terremoto del 6 maggio 1976, il sindaco di Artegna in provincia di Udine, Aldo Daici ha ringraziato enti, tra cui la Croce Verde Torino, e singoli volontari per l’aiuto portato alla comunità friulana in qui tragici momenti.
Ad Artegna si contarono 41 morti, 754 case distrutte, 271 case lesionate, circa 1.700 sfollati nell’inverno 1976-77.

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Riportiamo qui di seguito il racconto di Gian Beppe Gatti, ai tempi coordinatore della prima squadra Croce Verde Torino intervenuta nei soccorsi.

«Con la lucida freschezza dei ricordi dei fatti del passato che è propria di chi spesso non ricorda quel che ha fatto il giorno prima, rivivo l’esperienza dei tragici giorni del terremoto in Friuli. La sera del 6 maggio 1976, alle 21, pochi minuti dopo la scossa, mi recai d’impulso in Croce Verde dove si stava svolgendo il Consiglio Direttivo. Il Dottor Di Giovine, all’epoca nostro Commissario Prefettizio oltre che Vice Prefetto di Torino, si era già messo in contatto con un collega di Milano che gli confermò che una forte scossa di terremoto si era verificata nell’area del Nord Est.
Si pensò subito a pianificare l’organizzazione di un possibile primo intervento; ricordo con un pizzico di orgoglio che alle 23, neanche due ore dopo l’allarme, una squadra di volontari era già pronta a partire.

La prima squadra era coordinata da chi scrive, all’epoca vice direttore dei servizi, e dai militi Azzalin, Cocciolo, Guerra, Losito, Merlo, Ricchiardi, Rumiano, Sgambeterra, Turbil, Vaona e un esterno, amico di qualche milite, che possedeva un Land Rover passo lungo che con la nostra ambulanza Fiat 238 ci permise il trasporto di tutto il materiale sanitario, delle tende, e dei viveri necessari per renderci autosufficienti per 4 o 5 giorni.

Trenta ore dopo l’evento del sisma, al termine di un lungo viaggio, rallentato dalla Prefettura che in un primo tempo non ci diede il permesso di partire, e dalle condizioni dei mezzi a nostra disposizione certamente non veloci e troppo carichi, arrivammo ad Udine verso le 3 di mattina. Ci presentammo prima alla Prefettura, quindi al Comando dei Vigili del Fuoco che fungeva da centro di coordinamento. Qui era stato approntato un grande tabellone con l’elenco dei comuni interessati dal terremoto e le varie colonne con le indicazioni relative ai medici, le ambulanze, i farmaci, le tende, i generi alimentari e tutto quello che poteva servire. Il Vigile responsabile, dopo averci chiesto di cosa disponevamo, consultò il tabellone e ci assegnò il comune di Artegna come nostra area di competenza; in quel paese confinante con Gemona, che era il centro più colpito dalla scossa, non era ancora entrato nessuno.

Raggiunta quindi Artegna, ci rendemmo subito conto della gravità della situazione: nelle vie del paese si procedeva a fatica in mezzo alle macerie. Nella piazza della Chiesa, vicino al Municipio, trovammo allestito un piccolo pronto soccorso gestito, dalla sera del 6, dall’ostetrica del paese che, con l’aiuto del marito e di una volontaria, aveva ininterrottamente fatto fronte alle richieste di soccorso. Furono davvero felici di vederci, soprattutto la signora che era quasi al collasso per lo stress e la fatica a cui si era sottoposta.
Dopo aver velocemente scaricato i mezzi, montammo due tende, una adibita ad ambulatorio, la seconda per creare una piccola farmacia. Nel frattempo l’ambulanza alla guida dell’instancabile Merlo, iniziò ad operare senza sosta per soccorrere e trasportare i tanti feriti all’ospedale di Udine. Operammo con gran lena senza sosta con i pochi mezzi che avevamo a disposizione.

Il nostro gruppo si andò allargando con il passare delle ore: dapprima si misero a disposizione due giovani, una ragazza che conosceva tutto del paese e un ragazzo munito di motorino che, tramite la rete dei radio amatori ci procurava ogni cosa di cui sorgesse necessità; poi, due suore ci offrirono la loro opera e vennero subito impiegate nella gestione della farmacia. Arrivarono anche altri medici da Trieste e da Reggio Emilia. Il primo giorno fu intensissimo, con una temperatura estiva, ma solo verso mezzanotte, sopraffatti dalla stanchezza, raggiungemmo il torrente per rinfrescarci. Il giorno seguente iniziammo di mattina presto con 2500 vaccinazioni per la popolazione.
A metà del terzo giorno arrivò da Torino una seconda squadra, composta da Cabodi, Galliano, Macario, Pasquino, Vianco, a capo di una colonna di aiuti inviati dalle Pubbliche Assistenze piemontesi.

I nuovi arrivati si trovarono, oltre all’impegno di prestare aiuto alla popolazione, anche quello di trasferire il campo, visto che una forte scossa delle 6 di quella mattina aveva reso pericolosa la zona vicino al Municipio, sede del nostro punto operativo.
Quando nel pomeriggio del quarto giorno arrivò il nostro cambio con a capo Pier Mario Rosso, fummo dispiaciuti di dover lasciare tutto ciò che in quattro giorni avevamo messo in piedi, pur riconoscendo dentro di noi che la resistenza fisica ed emotiva era veramente al limite.

Ho riassunto in poche righe la cronaca dei quattro indimenticabili giorni trascorsi ad Artegna sotto l’incubo del terremoto, ma occorrerebbero davvero molte pagine per parlare dei tanti aneddoti, delle persone e dei loro volti, dell’umanità trovata in quei luoghi di sofferenza.
Nel 2006, con Merlo e Rosso, in occasione del trentennale del terremoto, siamo ritornati ad Artegna, dove abbiamo incontrato persone che ancora si ricordavano di noi, abbiamo rivisto luoghi che per trent’anni erano rimasti nel nostro cuore e nella nostra memoria, e che lì continueranno a rimanere per sempre».

Gian Beppe Gatti